Nell'Unione europea il numero di casi di malattia provocata nell'uomo da Campylobacter e Salmonella sembra essersi stabilizzato negli ultimi cinque anni. È quanto emerge dall'ultima relazione sulle malattie zoonotiche dell'Efsa e del Centro europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (Ecdc).
La campilobatteriosi, dal 2005 la malattia gastrointestinale più diffusa nell'UE, ha colpito oltre 220.000 persone nel 2019. La seconda malattia zoonotica segnalata con maggior frequenza è stata la salmonellosi, che ha interessato circa 88.000 persone.
Dall'esame di 66.113 campioni di alimenti pronti al consumo, ossia alimenti che non necessitano di cottura prima di essere consumati, lo 0,3% è risultato positivo a Salmonella, mentre su 191.181 campioni di alimenti non pronti al consumo è risultato positivo l'1,5%. Diciotto dei ventisei Stati membri che comunicano dati sui programmi di controllo di Salmonella nelle popolazioni di pollame hanno centrato tutti gli obiettivi di riduzione rispetto a quanto hanno fatto quattordici Stati membri nel 2018.
Le altre malattie maggiormente segnalate sono state le infezioni da Escherichia coli produttore di tossine Shiga (STEC), yersiniosi e listeriosi. Dopo una lunga fase di incremento, i casi conclamati di listeriosi nell'uomo si sono stabilizzati nel periodo 2015-2019. Nel 2019, i casi segnalati sono stati 2.621 e hanno riguardato perlopiù soggetti di oltre 64 anni di età. A causa degli elevati tassi di ospedalizzazione (92%) e di mortalità (17,6%), si è rivelata la malattia zoonotica più grave.
Mediante la relazione vengono monitorati anche i focolai di malattie di origine alimentare nell'UE, ossia casi in cui almeno due persone contraggono la stessa malattia dopo aver consumato lo stesso cibo contaminato. Benché Salmonella sia rimasto l'agente riscontrato con maggior frequenza, responsabile di 926 focolai, il numero dei focolai dovuti a Salmonella enteritidis è diminuito. Le più comuni fonti di infezione da Salmonella sono state rappresentate da uova e ovoprodotti. I norovirus nel pesce e nei prodotti della pesca hanno provocato il più elevato numero di focolai (145), per i quali sono state riscontrate "solide evidenze" a sostegno di un'origine alimentare.
Nel 2019, sono stati registrati complessivamente 5.175 casi di focolai infettivi di origine alimentare, in calo del 12,3% rispetto al 2018.
La relazione contiene dati riguardanti anche Mycobacterium bovis/caprae, Brucella, Yersinia, Trichinella, Echinococcus, Toxoplasma gondii, rabbia, febbre Q, virus della Valle del Nilo e tularemia.