Anche se tutte le componenti aziendali e gli stessi collaboratori esterni, nonché gli altri operatori economici che sono comunque collegati all'azienda alimentare (grossisti, dettaglianti, agenti di zona e così via) svolgono il loro ruolo con la massima diligenza e professionalità, così assicurando il pieno rispetto delle regole igieniche, tecnologiche e di legge, ebbene anche in tal caso non si azzera mai del tutto il rischio di una "crisi da allerta".
Non si azzera in quanto si dovrà comunque considerare:
· il pericolo - tutt'altro che virtuale quando l'azienda ha un certo livello di notorietà e quindi una sua immagine da tutelare - di una crisi di matrice "delinquenziale" (di cui ci si occuperà nel prossimo numero);
· la possibilità di contestazioni erronee da parte degli organi di vigilanza pubblica, contestazioni che - benché infondate - ugualmente possono indurre, come abbiamo visto, provvedimenti istituzionali gravi, clamorosi e pregiudizievoli seppure erronei. Provvedimenti che - almeno temporaneamente (ma, in realtà, una certa fetta di incidenza negativa residuerà sempre, anche a bufera di immagine risolta) - possono portare in una condizione "critica" l'immagine aziendale;
· la possibilità, anch'essa reale per quanto impegno professionale l'azienda abbia posto nell'assolvere al meglio al suo compito, che anche all'interno del suo apparato o dei suoi interlocutori esterni qualcosa effettivamente non abbia funzionato, magari anche solo in parte.
In realtà, sul primo (matrice delinquenziale) e sul secondo (errore istituzionale) di questi inevitabili filoni di "rischio" l'azienda non può incidere: al più può stimolare le iniziative ed adottare gli accorgimenti di difesa per quel che riguarda le crisi di matrice criminale.
Scarica l'approfondimento